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Michele Scozzarra |

La festa di San Biagio a Plaesano, detta anche “la festa dei tre giri” si inserisce di buon grado in queste importanti tradizioni e Umberto di Stilo l’ha raccontata sulla Gazzetta del Sud nel 1982, e nel 2012 è stata ripresa da Galatro Terme News. Nonostante questo, mi piace riportare, oggi, alcuni stralci dell’articolo che mi permettono di inserire una bella pagina di fede, all’interno di una realtà che oggi rischia di allontanarci sempre più dalle nostre radici: “Ci sono, specie nel Sud, diverse località e piccoli centri conosciuti solo ed esclusivamente per una loro fiera, per il loro santo protettore, per un pellegrinaggio, per un preciso avvenimento che caratterizza la loro stessa identità geografica. Sicché, nella Calabria reggina, Acquaro di Cosoleto è conosciuto per la festa di San Rocco, Terranova Sappo Minulio per l’annuale pellegrinaggio in onore del “SS. Crocifisso”, Polsi, in Aspromonte, per la sua Madonna della Montagna, ecc. Lo stesso discorso vale per Plaesano che da sempre si identifica con San Biagio, con il pellegrinaggio del tre febbraio e con le classiche ed immancabili “tre girate” attorno alla chiesa che costituiscono una delle più genuine e schiette tradizioni di fede della gente di Calabria”... il tre febbraio, allorché, da sempre, diventa “l’ombelico della Piana” tant’è che sin dalle prime ore del mattino, le strade che lo collegano agli altri centri della zona si popolano di pellegrini che vanno a sciogliere i loro voti ai piedi del Santo. Giungono dalla montagna, dalla pianura e dalla valle… I pellegrini ora arrivano in macchina, giacché solo quelli dei paesi vicini (Galatro, Feroleto, Laureana) riuniti in allegre e chiassose comitive, seguendo la secolare tradizione locale, raggiungono a piedi il piccolo centro”...
L’invadenza della logica “del mondo” nella vita della Chiesa s’identifica “con la rinuncia a una testimonianza franca e coraggiosa del ruolo, anche pubblico, che il Cristianesimo può svolgere per la promozione dell’uomo e il bene della società nel pieno rispetto, anzi nella convinta promozione della libertà di tutti e di ciascuno”, come ha detto Giovanni Paolo II nel famoso discorso di Loreto, da tanti chiamato “Enciclica per l’Italia”.
Ritorniamo a Umberto di Stilo nel suo raccontarci la festa di san Biagio a Plaesano: “… Inoltre la festa di Plaesano è ancora conosciuta come la “festa dei tre giri”. Anche se l’origine di questo antico rito è piuttosto oscura, ancora oggi, ogni persona che si reca alla festa deve compierlo; deve girare tre volte intorno allavecchia chiesa che ha la facciata rivolta verso la piazzetta ed è circondata da una viuzza stretta come un corridoio. Per tutto il giorno è un continuo girare di persone (e, una volta, anche di bestie; di intere mandrie, di armenti al gran completo); il giro non si deve mai interrompere. “E’ un girare uguale e lento come dell’asino legato alla stanga del pozzo, regolare come di un satellite intorno al suo pianeta”, scrisse Fortunato Seminara. Secondo una ben radicata tradizione, infatti, chiunque raggiunge Plaesano nel giorno della festa del Patrono e trascuri di compiere i tre giri, è da considerare come uno che manchi di rispetto al Santo…I giri devono essere tre perché nella simbologia cristiana il numero tre rappresenta la Trinità. Secondo alcuni studiosi, invece, i tre giri attorno alla chiesa sono da collegare alle tre apparizioni di Cristo a San Biagio, la notte precedente il suo arresto ed il suo martirio… Fra gli aspetti del culto di San Biagio, ricollegabili ad episodi della sua vita, il più importante è quello di taumaturgo per le malattie della gola che trae origine dal noto miracolo della spina di pesce e dalla orazione che il martire avrebbe fatto prima di morire, chiedendo a Dio di risanare da questa malattia chiunque l’avesse pregato in suo nome. A San Biagio viene anche attribuita la facoltà di guarire i mali di ventre”.
Come si fa, anche negli ambienti ecclesiali “ ritenuti più accreditati” a non percepire che non si può troncare l’albero sul quale siamo cresciuti, proprio perché quest’albero è stato il punto centrale della scoperta personale di Cristo, che tanti di noi hanno sperimentato, nella insostituibilità di questi gesti presentati sempre“missionari” negli ambienti nei quali siamo cresciuti e viviamo. Penso, e sono convinto sempre più, che la “persona” ritrova se stessa in un incontro vivo, in una presenza piena di storia e di attenzione verso il destino di ognuno… una presenza che non ti esclude, nonostante il peccato, ma ti dice: “Non avere paura… esiste quello di cui è fatto il tuo cuore; una presenza che corrisponde alla natura della tua vita e ricostituisce la vitalità del tuo essere “persona”… esattamente come l’incontro di Cristo con Zaccheo!”.
Dalla lettura del lavoro di Umberto di Stilo esplode un grido “antico”, che viene da lontano, dai nostri antenati e da quanti hanno creduto a quanto di buono e vero esiste nei nostri paesi e ce lo hanno trasmesso, all’interno di una fede semplice ed essenziale. Questo “grido” dice che la Chiesa di Cristo non può conformarsi alla mentalità dei nostri tempi… non si può annullare la grande secolare tradizione dei nostri paesi, perché verrebbe meno la passione per comunicare l’Origine della vera umanità che ci contraddistingue, che è Gesù Cristo e ciò che proviene da Lui, in una incessante “memoria” che oggi, non solo per la lotta di chi è fuori della Chiesa, stiamo perdendo.
Se perdiamo l’interesse per la tradizione dei Santi che hanno segnato delle pagine di storia indimenticabili per i nostri paesi, corriamo il rischio di restare con una fede difficile e astratta che ci porterà ad avere chiese sontuose con liturgie spettacolari, ma vuote… che col passare del tempo diventeranno delle “pinacoteche o teatri” invece che luoghi di preghiera (in tanti posti lo sono già da adesso).
E questo, per il futuro dei nostri paesi, non è certo un bene…
fonte articolo galatro terme news
di michele scozzara
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